L’attività di indagine difensiva svolta dall’avvocato assume un’importanza centrale nell’attuale procedimento penale, non solo in quanto realizza di fatto un’effettiva parità tra le parti – almeno dal punto di vista probatorio – ma anche in quanto può rivelarsi preziosa nella valutazione condivisa con il cliente sulla miglior strategia processuale da attuare. La facoltà concessa al difensore di svolgere investigazioni volte alla ricerca e all’individuazione degli elementi di prova a favore del proprio assistito, lo pone di fatto nella condizione di conoscere anche gli elementi di prova ad esso contrari. Infatti, un’investigazione a tutto campo permetterà la raccolta di elementi di prova tali da chiarire, agli occhi del difensore, la posizione del proprio cliente in maniera da poterlo consigliare al meglio anche nella scelta del rito da intraprendere.
Patteggiamento e rito abbreviato
Occorre premettere che la scelta dei riti alternativi deflattivi del dibattimento potrebbe essere consigliata anche ad un cliente innocente, posto che la definizione in via anticipata del procedimento penale non può in alcun modo considerarsi un’ammissione di reità da parte del richiedente. La scelta di un patteggiamento tradizionale, ad esempio, potrà essere la strada consigliata a quel cliente che, per ragioni di opportunità, ha tutto l’interesse ad evitare la pubblicità del dibattimento o a limitare i costi della difesa, rinunciando così a dar prova della propria innocenza. Il rito alternativo del giudizio abbreviato, invece, seppur caratterizzato da particolare celerità in ossequio alle esigenze di economia processuale per le quali l’ordinamento riconosce effetti premiali a colui che lo sceglie (sconto di 1/3 di pena), permette comunque di attuare una vera e propria difesa. Trattasi di un giudizio a prova contratta definito all’udienza preliminare allo stato degli atti, che non consente quindi alcun contraddittorio nella formazione della prova e la cui scelta determina la “cristallizzazione” degli elementi di prova contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero che, scelto il rito, diventano prove a tutti gli effetti. Ebbene, attuando una difesa mediante investigazioni, tutte le risultanze favorevoli all’assistito contenute nel fascicolo di cui all’art. 391 octies c.p.p., potranno essere fatte confluire nel fascicolo del Pubblico Ministero, in tal modo allargando la base probatoria su cui il giudice è chiamato a decidere e instaurando un giudizio allo stato degli atti sia dell’accusa sia della difesa.
Il giudice avrà così tutti gli elementi per poter emettere una sentenza di assoluzione. Potrebbe anche capitare che le risultanze delle indagini difensive espletate rilevino un quadro probatorio sufficientemente chiaro dell’innocenza dell’assistito, tale da legittimare la scelta del rito abbreviato ma, allo stesso tempo, anche di un eventuale dibattimento. Ciò in quanto si reputa conveniente richiedere al giudice l’espletamento di una perizia oppure si ritiene che un testimone chiave debba essere sottoposto ad esame e contro-esame, nella consapevolezza che la prova assunta nel contraddittorio delle parti è sicuramente più efficace. In questi casi, l’aver espletato indagini, consentirà al difensore di valutare anche l’opportunità di proporre al cliente la scelta di un rito abbreviato condizionato ad una integrazione probatoria, ad esempio all’espletamento di una perizia o all’audizione di un testimone. Tale scelta consentirebbe di arricchire le risultanze già acquisite in ambito di indagini difensive, aumentando le possibilità di proscioglimento, pur nel rispetto delle esigenze di economia processuale. Al contrario, se dalle risultanze delle indagini difensive dovesse risultare provato il fatto-reato descritto nell’imputazione, il difensore potrebbe prospettare all’assistito l’opportunità di scegliere un rito alternativo che consenta di contenere la pena. I risultati ottenuti potrebbero anche determinare il difensore a richiedere un patteggiamento ex art. 447 c.p.p., in tal modo riducendo notevolmente i tempi processuali, con ulteriore effetto benefico per l’assistito che, in buona sostanza, verrebbe appena “toccato” dal procedimento penale che si definirebbe già nella sua fase embrionale. Questo aspetto non è di poco conto se si considera che per il cittadino entrare in contatto con il processo penale è psicologicamente impegnativo e dunque, anche una sua celere definizione, nonostante la pena concordata, potrebbe essere considerata esito favorevole.
Rito ordinario
Il dibattimento è il cuore del processo penale che, a norma dell’art. 111 Cost., è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova.
La scelta del rito ordinario inevitabilmente impone di affrontare il dibattimento, con maggiori garanzie per l’imputato, in quanto tutte le prove oggetto della decisione del giudice saranno formate nel contraddittorio delle parti.
Anche in questo caso l’aver espletato indagini difensive potrà rivelarsi prezioso in dibattimento, poiché gli elementi raccolti potranno consentire:
- una migliore redazione della lista testimoniale: l’aver sentito persone informate sui fatti in ambito di indagini difensive, permetterà al difensore una migliore selezione dei testimoni da indicare, a seconda della rilevanza delle dichiarazioni che questi potranno rendere dinanzi al giudice del dibattimento. In questo modo si riusciranno ad escludere le future testimonianze poco pertinenti o addirittura sovrabbondanti, contribuendo ad alleggerire e velocizzare il processo e a focalizzare l’attenzione su elementi concreti senza inutili lungaggini. Si tenga conto poi che spesso, in una difesa senza investigazioni, molti futuri testimoni non sarebbero neanche individuati, arrecando pregiudizio all’accertamento della verità;
- un migliore esame e contro-esame: l’investigazione svolta consentirà al difensore di avere un quadro di insieme dei fatti oggetto dell’imputazione sufficientemente chiaro da permettergli un più efficace esame e contro-esame dei testi in dibattimento. Infatti, nell’esame testimoniale il difensore sarà agevolato dall’aver già sentito il teste in precedenza e dunque sarà conscio di quanto questi potrà riferire in udienza; mentre nel corso del contro-esame gli elementi di cui è a conoscenza circa l’innocenza del proprio assistito lo agevoleranno nel porre al teste domande mirate a saggiarne la credibilità.
Inoltre, ulteriore dato rilevante è rappresentato dal fatto che l’aver espletato indagini difensive consente di beneficiare di quanto disposto dall’art. 391 decies c.p.p., ai sensi del quale i verbali delle dichiarazioni assunte in ambito di indagini difensive, contenuti nel fascicolo del difensore, possono essere utilizzati a norma degli artt. 500, 512 e 513 c.p.p.
In definitiva, la conoscenza meticolosa degli elementi contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, e l’aver svolto indagini sul proprio assistito e in suo favore, permetteranno al difensore di accompagnare il proprio cliente nel processo, di prospettargli le soluzioni possibili, consigliandogli la miglior strada percorribile in maniera che la selezione del rito da intraprendere sia per lui una scelta consapevole.
Avv. Carlotta Cerquetti